Sono 74 i libri totali candidati al Premio Strega 2022 dagli "Amici della domenica", il gruppo storico della giuria del principale premio letterario italiano, promosso da Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e Liquore Strega. Fra la rosa dei pretendenti c'è anche Francesca Farina, scrittrice sarda emigrata prima a Siena, dove ha compiuto gli studi classici a Siena, e poi a Roma, dove si è laureata in Lettere Moderne per poi perfezionarsi in Letteratura Italianae. Farina è da tempo socia dell'ACRASE, l'associazione culturale e ricreativa dedicata a "Maria Lai" con sede a Roma e che fa parte della FASI.

La corsa al premio della scrittrice nata a Bitti è con il romanzo "Liceo Classico", edito da Bertoni a maggio 2021. "Nei primi anni Settanta del Novecento una Ragazzina senza nome (così viene chiamata per tutto il romanzo, come se non avesse un'identità definita), dolorosamente sradicata dalla sua adorata Isola remota, all'epoca quasi sconosciuta e molto poco frequentata, prima del boom turistico degli ultimi decenni, si ritrova rinchiusa in un lussuoso ed esclusivo Collegio e costretta a frequentare un durissimo Liceo Classico in una tenebrosa e inospitale città del centro Italia, del tutto impreparata a districarsi in ambienti tanto ostili. Se il confronto con le compagne di Collegio e con gli studenti del severissimo Istituto la mette ogni giorno di fronte alla propria abissale inadeguatezza allo studio e ai rapporti umani, rendendola terribilmente insicura e infelice, la storia d'amore che si sviluppa, in modo del tutto occasionale, con un meraviglioso Ragazzo, anch'egli senza nome, quasi fosse il simbolo di tutti i ragazzi del mondo, non è meno sconvolgente".

La candidatura al premio Strega è stata proposta da Vito Bruschini con questa motivazione: "La scuola è una delle più importanti istituzioni in una moderna nazione perché è lì che si formano i futuri cittadini e si instaurano i primi rapporti sociali. Il romanzo Liceo Classico è un potente atto d'accusa contro questa istituzione gestita da docenti autoritari, spesso cinici e beffardi, irrispettosi della dignità umana, capaci soltanto di umiliare chi è sottomesso al loro potere. In questo romanzo la scuola è una metafora della vita, dove l'estraneo viene visto con sospetto e subito emarginato dal gruppo dominante. E la protagonista del romanzo è una “diversa” per antonomasia sia perché proviene da un'isola, la Sardegna, sia perché la sua famiglia è di umili origini, e lei ha la pretesa di voler studiare in un collegio prestigioso. Lei che alle medie era portata sugli altari dai suoi stessi professori, che le pronosticavano un brillante avvenire, ora, immersa in questa nuova realtà, assaggia il sapore della polvere. Le compagne non perdono occasione per farla sentire un'estranea non risparmiandole umiliazioni e doppi sensi, e lei, desiderosa di amore, amicizia, o quanto meno un po' di conforto, smarrisce la propria autostima e neppure l'amore per un ragazzino, per altri versi carente di stima come lei, riuscirà a salvarla. In questo coraggioso romanzo Francesca Farina non offre catarsi liberatorie, poco concede al sentimentalismo, preferendo raccontare l'egoismo morale dei singoli, la complessità dei rapporti umani e la crudeltà di una società chiusa in gabbie sociali (la vicenda è ambientata negli anni Settanta) contro cui un adolescente, ancora privo di corazze psicologiche, deve combattere, spesso soccombendo all'insensibilità non soltanto dei compagni, ma persino di coloro che dovrebbero essere i modelli da seguire. Non c'è finale consolatorio, rispecchiando in modo profetico i terribili tempi che stiamo vivendo. In Liceo Classico ho ritrovato i ritmi e lo spessore dei personaggi, come non mi capitava da un po' di tempo, il tutto descritto con una prosa virtuosa ed elaborata, ottimo supporto alla nostra immaginazione, aiutandoci a sentire odori, sensazioni ed emozioni come fossimo presenti sulla scena dei fatti raccontati".