Dal convegno di Suvignano emergono i contenuti dello spazio di narrazione della memoria dell’emigrazione dei pastori sardi in Italia Centrale.

Tra gli anni ’50 e metà degli anni ’80, si sono trasferiti dalla Sardegna nelle regioni del Centro Italia diverse migliaia di persone appartenenti a famiglie di pastori sardi, quasi 10% dell’intera migrazione interregionale: nella sola Provincia di Siena sono stati oltre tremila, trasferendo almeno 70 mila capi di razza ovina sarda e acquisendo più di 16 mila ettari di terreno. Sono questi i dati essenziali riferiti dalla Dott.ssa Sandra Becucci in apertura del convegno “Tra memoria di un’esperienza e passaggio generazionale” che ha seguito l’anteprima del docufilm “Oltre il mare”. La studiosa, che nei suoi studi ha costantemente seguito il fenomeno migratorio, ha ricordato che il peso dell’emigrazione ha gravato soprattutto sulla componente femminile, costretta ad abbandonare i paesi della Sardegna per insediarsi in poderi sparsi sul territorio, in case abbandonate da tempo, dove spesso pioveva dentro, prive di acqua corrente e di elettricità. Se per gli uomini la situazione era forse addirittura migliorata, non più condannati all’isolamento degli ovili, che consentiva il rientro serale in famiglia, per le donne significava interrompere drasticamente la ricca trama di relazioni sociali e le solidarietà dei paesi dell’isola. I ragazzi che hanno accompagnato le famiglie hanno dovuto affrontare un impegnativo percorso di integrazione, dovendo affrontare non tanto atteggiamenti intolleranti, ma comunque diffidenza e pregiudizi, anch’essi condannati all’isolamento e a lunghi percorsi a piedi per raggiungere le scuole ubicate nei paesi. Un grosso ostacolo all’integrazione, è stato ricordato, è venuto dal triste fenomeno dei sequestri di persona dove la comunità sarda, seppur esente da qualsiasi complicità, fu purtroppo coinvolta in pesanti azioni repressive, ma soprattutto oggetto di gravi pregiudizi e incomprensioni, a cui si fu capaci di reagire positivamente -proprio quarant’anni fa- con la costituzione dei circoli sardi, non solo per preservare l’identità e la cultura sarda, ma soprattutto per facilitare il dialogo e l’integrazione con le istituzioni e le comunità di accoglienza. Un percorso di successo proprio grazie alla reciproca conoscenza, comprensione e dialogo, che oltre all’indubbio impegno e sacrificio dei protagonisti, hanno permesso di costituire floride aziende agropastorali che, oltre al valore economico, sono essenziale presidio di biodiversità e “cura” del territorio.

Siena museo pastorizia 5

L’intervento di Giovanni Sordi, rappresentante della Regione Toscana e direttore di dell’Ente “terre di Toscana” ha ricordato che le famiglie sarde, alla ricerca di migliori opportunità di lavoro, andarono a occupare gli ampi spazi ormai abbandonati da anni a causa della crisi della mezzadria e dall’esodo verso le città e l’occupazione industriale del “miracolo economico” italiano degli anni’60. La tenuta di Suvignano che ha ospitato il convegno e che sarà tra breve accoglierà lo “spazio per la narrazione dell’emigrazione e della pastorizia sarda”, è appunto un enorme complesso agricolo di 638 ettari e un patrimonio edilizio di 24 immobili che proprio a causa della crisi dell’agricoltura era finita nelle mani della mafia siciliana e che il giudice Falcone aveva espropriato mettendola a disposizione della Regione Toscana perché fosse mantenuta produttiva, oltre che ospitare innumerevoli iniziative educative e culturali in tema di legalità. Coerentemente a queste finalità, la tenuta dovrà ospitare non solo il citato “spazio multimediale”, ma anche iniziative economiche legate direttamente alla pastorizia: il direttore di Terre di Toscana ha illustrato un progetto aperto alla collaborazione con la comunità sarda, di creazione di una fattoria scuola con caseificio didattico e uno spazio di degustazione, promozione e vendita delle produzioni delle aziende agropastorali del territorio.

Il tema della promozione del lavoro è stato centrale nell’intervento di Ignazio Boi in rappresentanza della Regione Sardegna. Ricordando il ruolo storicamente svolto dai circoli sardi, ha affermato che occorre oggi un salto di qualità che porti a essere “lievito”, cioè capace di promuovere occasioni di buona occupazione, sostenendo progetti e iniziative che portino concreto beneficio alla Sardegna e ai territori di insediamento della nuova emigrazione sarda. Nel ricordare il ruolo svolto costantemente dai circoli sardi nello stimolare la ricerca sociale sul fenomeno migratorio pastorale e la sfida a cui saranno chiamati i circoli per l’imminente costituzione e la successiva gestione dello “spazio della narrazione dell’emigrazione e della pastorizia sarda” a Suvignano, facendone non solo un luogo della memoria, ma anche di incontro e scambio di esperienze.

Il convegno non si è limitato alla sola memoria dell’emigrazione pastorale, ma ha affrontato, come del resto il docufilm, il tema di come questa impegnativa esperienza umana e imprenditoriale possa essere trasmessa alle nuove generazioni, considerato gli indubbi sacrifici che ancora oggi comporta, che potrebbero essere considerati insostenibili rispetto agli odierni standard e aspettative di vita. Dalle testimonianze raccolte nelle interviste del progetto Agisci, sembra che esistano le condizioni perché il passaggio generazionale possa avvenire: il lavoro del pastore si è sempre costantemente evoluto nel tempo, basti pensare alla radicale trasformazione da pastori in agricoltori che coltivano i propri pascoli, alla progressiva meccanizzazione che ha alleviato alcune delle incombenze più impegnative come la mungitura o la lavorazione casearia. Anche il discusso cambio della razza ovina dalla sarda alla francese, verso una specie più stanziale, può essere interpretato alla luce del costante adeguamento ed evoluzione della professione. Sono inoltre molti i giovani che, dopo esperienze urbane di studio e di lavoro, scelgono di tornare al lavoro della famiglia, riscoprendo il contatto con l’ambiente e con gli animali, portando spesso un elevato livello di istruzione e una apertura che, grazie al digitale, permette di ampliare il business ma anche il mantenimento e la creazione di relazioni estese. Non da trascurare è il protagonismo dell’elemento femminile, come ha dimostrato la prevalente presenza nel corso di formazione per pastore organizzato dal circolo sardo di Perugia: già in Sardegna le donne erano protagoniste nella commercializzazione dei prodotti, oggi sono pienamente inserite sia nella trasformazione che nell’accoglienza turistica. Per garantire un sicuro passaggio generazionale, risultano fondamentali sia la formazione che la disponibilità di servizi di consulenza, non per imparare a fare il pastore, ma per farlo in modo moderno, redditizio e sostenibile per i tempi di vita, aprendosi alla collaborazione e all’associazionismo professionale.

In chiusura del convegno ci sono stati alcuni importanti interventi dal pubblico, tra i quali quello di Antonio Crobu, una prima generazione che ha ricordato il suo percorso personale da agiato pastore in Sardegna all’ingiusto invio al soggiorno obbligato in continente, dalla fondazione nel “nulla” delle crete senesi di una fiorente azienda all’elezione a consigliere comunale. Crobu, socio fondatore del circolo di Siena con il pastore poeta Pietro Siotto, ha concretamente manifestato il proprio apprezzamento per l’iniziativa e il futuro percorso donando alla Presidente Dina Meloni una preziosa edizione originale di fine ‘800 di una raccolta di poesia di Peppino Mereu, a cui quarant’anni fa fu deciso di intestare il circolo senese.

Daniele Gabrielli