È finalmente arrivato nell’Isola il tempo della rinascita di un comparto che ha fortemente sofferto negli ultimi decenni a causa della Peste Suina Africana. Eradicato il morbo, il mondo della zootecnica regionale guarda con fiducia al futuro e lo fa progettando in grande, come è giusto che sia. Quello che è uno dei piatti più caratteristici della cucina locale punta ad ottenere il più prestigioso dei riconoscimenti a livello internazionale. La denominazione esatta sarà Porcetto di Sardegna Igp, con tutti i sinonimi normalmente utilizzati, anche in sardo. La richiesta ufficiale verrà a breve formalizzata al Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e Forestale e alla Regione Autonoma della Sardegna e ha già ricevuto la benedizione del mondo imprenditoriale agricolo, di quello scientifico e persino degli emigrati sardi, che sono tantissimi e organizzati in circoli sparsi ovunque nel pianeta.

L’occasione per dare pubblicamente ampio e incondizionato sostegno è stata una nutrita assemblea tenutasi nelle scorse settimane a Cagliari, dove erano presenti non solo allevatori e macellatori, ma anche le relative associazioni, la GDO, l’assessore regionale dell’Agricoltura Gianfranco Satta, numerosi sindaci e i rappresentanti della Fasi, la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia. «Fondamentale chiamare a raccolta tutti i portatori d’interesse» ha annunciato il presidente del Comitato promotore Giorgio Demurtas, che in questi giorni continua a raccogliere adesioni da parte degli operatori del settore. Sono già 200 le imprese produttrici coinvolte, tra cui si annoverano quelle leader di mercato, sia tra gli allevatori che tra i macellatori.

La predisposizione della richiesta si fregia di importanti firme che fanno capo al Comitato scientifico, un organismo composto da Alessandro Mazzette, che lo coordina, e da professionisti come Gianni Battacone dell’UNISS, Franziscu Sedda di UNICA, Bastianino Mossa della FASI, Luigi Nuvoli dell’ICQRF, Stefano Cappai dell’IZS, Genesio Olmetto di LAORE, Sebastiano Porcu e Margherita Addis di AGRIS e Giuseppe Bitti della ASL di Sassari. Tra le associazioni, invece, oltre a Coldiretti che ha lanciato l’iniziativa anni fa, oggi anche Ass.i.ca., Confagricoltura, Copagri e CIA.

Il progetto può contare sull’esperienza messa al servizio dal Consorzio per l’Agnello di Sardegna Igp, che, oltre a prestare alla causa il suo direttore Alessandro Mazzette, garantisce supporto e competenza per gestire la richiesta di riconoscimento prima e l’operatività della denominazione poi. Ed è a quel modello che ci si ispira, confidando anche nel fatto che in quasi tutte le aziende zootecniche sarde dove sono presenti gli agnelli ci sia uno spazio anche per i suini. Questo consente di rendere più virtuosi ed economici i protocolli di introduzione del disciplinare e i processi di controllo.

Un Disciplinare che prevede l’attribuzione del prestigioso riconoscimento solo ad animali nati, allevati e macellati in Sardegna, figli di scrofe allevate nell’Isola, a prescindere dalla razza. Si è volutamente lasciata una certa flessibilità, con la possibilità di integrare l’offerta con le varianti bio, di animali di razza Sarda al 100% e altro che sia un valore aggiunto dimostrabile.

Sull’alimentazione il Disciplinare prevede l’uso esclusivo del latte materno e l’integrazione con cereali. Le tipologie ammesse saranno due: sino ad un peso di 10 kg per il porcetto da latte e da 10 a 18 kg per il porchettone.

Al momento sono presenti in Sardegna oltre 11.000 allevamenti di suini per quasi 162.000 capi e 60.000 scrofe con circa 195.000 lattonzoli. Si parte quindi da una base importante con l’obiettivo di tutelarla e aprire a nuovi mercati. «Ma le stime emerse da una ricerca condotta di recente tra le principali insegne della Gdo e tra gli emigrati sardi lasciano ritenere plausibile un incremento di produzione e fatturati del 50% nei prossimi 4 anni» sostiene il coordinatore del progetto e componente del direttivo di Origin Italia Alessandro Mazzette, che aggiunge: «In Italia ci sono sei igp e dop per le carni fresche, con un valore totale di 114 milioni di euro alla produzione. Con il Consorzio di tutela dell’Agnello — che ha avuto un impatto regionale nel 2023 di 49 milioni di euro —, possiamo sicuramente testimoniare l’importanza di fare rete e parlare con un’unica voce per la tutela di questa eccellenza».

E in un mercato particolare come quello sardo, dove l’80% delle macellazioni di suini sfugge ai canali ufficiali, l’Igp può essere anche un eccellente mezzo per far emergere quella zona grigia che è stata un problema anche in tempi di Peste Suina Africana, ormai fortunatamente superata.

Maria Antonietta Dessì